Dossier ex Ticosa

La vicenda dell'area ex-Ticosa si è avvianta alla fallimentare conclusione che l'amministrazione comunale di Como ha perseguito con ostinazione: un "buco nero" in mezzo alla città.

L'ultima idea era quella di consegnare l'intero comparto ai privati su una base d'asta del tutto inadeguata al valore commerciale dell'area, rinuncia pressoché totale a stabilire regole o vincoli che assicurino una progettazione ed un uso vantaggiosi per i cittadini, demolizione dell'edificio “Santarella”, con un disprezzo per la storia della città paragonabile solo all'idea di aggiungere scritte fantasiose per “aggiornare” il monumento ai caduti.

Anche quest'ultimo tentativo è miseramente fallito dopo che la società "Multi" si è ufficialmente tirata indietro dalla "promessa d'acquisto" che aveva stipulato per evidenti inademopienze del Comune.

Durante igli oltre venticinque anni trascorsi dalla chiusura della storica azienda tessile comasca, le ipotesi per il suo utilizzo sono state molte, e tutte prive di conseguenze pratiche; certamente l'iniziale scelta del comune di Como di acquisire gran parte del comparto conteneva un'intuizione positiva: un luogo così importante per la storia, l'economia e la società della nostra città, nel momento in cui gli imprenditori si ritiravano, doveva essere un risarcimento in natura per la comunità che tanto vi aveva investito e lavorato. Sarebbe stata l'amministrazione comunale, a nome della collettività, a decidere che cosa farne.

Dopo decenni di idee, dibattiti, progetti, concorsi di idee, l'amministrazione Bruni voleva chiudere la partita in un modo congeniale alle mode del nostro tempo: vendere ai privati per “fare cassa”, per compensare i tagli dei trasferimenti di risorse dal governo e dalla regione, per non volerne più sapere.

Resta ai cittadini e ai loro rappresentanti l'onere di riaffermare le esigenze della città e i diritti di chi la vive su scelte così improvvide e interessate.

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